venerdì 22 luglio 2011

GLI EVASORI? SONO GLI ALTRI

di Bruno Tinti

Recentemente mi sono occupato di fisco, crisi finanziaria, debito pubblico. In tutti e tre i casi ho fatto riferimento a quello che, a mio parere, ne è la causa: l’evasione fiscale.

Ho fatto notare che basterebbe recuperare i circa 150 miliardi evasi per anno per uscire rapidamente dalla crisi e per sanare il debito pubblico; che la manovra finanziaria adottata, a parte la vigliaccata di rinviare gli interventi più significativi al 2013 e al 2014 (a legislatura finita, dopo di me il diluvio), si distingue per tagli alle spese e inasprimento fiscale gravanti in particolare sui cittadini più poveri, in particolare lavoratori dipendenti e ai pensionati; e soprattutto ho fatto ossessivamente riferimento ai dati forniti dal ministero delle Entrate relativi alla dichiarazione dei redditi del 2010: l’88% dei contribuenti è costituito da lavoratori dipendenti e pensionati che pagano il 93% del gettito fiscale; il residuo 12% è costituito dai lavoratori autonomi, cui si deve il restante 7% dell’entrata tributaria.

Siccome è impossibile che professionisti, artigiani, commercianti e piccoli imprenditori siano così pochi; e soprattutto è impossibile che paghino così poche imposte, ne ho dedotto che l’evasione fiscale è in gran parte dovuta al cosiddetto popolo della partita Iva. Convinzione avvalorata da un dato che non avevo citato: i commercianti denunciano mediamente 17.703 euro all’anno; e gli alberghi e ristoranti 12.643 euro. Il che significa che, dopo aver pagato le imposte, questa gente vivrebbe con 1.000, 800 euro al mese.

Le reazioni sono state numerose e quasi tutte di segno negativo: “Sono un professionista, pago fino all’ultima lira”; “sono costretto a evadere se no non vivo”; etc etc.

Tra tutte, una in particolare mi ha colpito: “Si è vero, evado le imposte; ma poco. C’è chi le evade molto più di me. Cominciate a occuparvi di quelli”. Della serie: la vera evasione è quella degli altri. Che è come se un ladro di automobili dicesse al giudice: “Ma ci sono tanti ladri che hanno rubato di più; e poi ci sono rapinatori e assassini; perché ve la prendete con me?”. Come se l’omicidio giustificasse il furto. Ricordo che la mia risposta era sempre: “Intanto mando in galera te; mi sto anche dando da fare con 3, 4 imputati di omicidio; e fra un po’ manderò in galera anche loro”.

A parte questo, resta il fatto che, come diceva Totò, è la somma che fa il totale. E sono i milioni di piccole e medie evasioni fiscali che ci sottraggono ogni anno più o meno lo stesso gettito che proviene da quelli che le imposte le pagano. E che oggi sono costretti a pagarne di più perché l’evasione fiscale degli altri ha portato il paese alla bancarotta.

In ogni modo, “lui è più cattivo di me” ha funzionato bene non solo nel settore fiscale.

B ha governato il paese per circa 10 anni su 15; e nel frattempo ha commesso un numero impressionante di reati (ricordo che la prescrizione non è un’assoluzione).

Un mio caro amico che, purtroppo era un suo accanito estimatore, quando lo mettevo con le spalle al muro con l’argomento giudiziario, finiva sempre con il dirmi: “Sì, ma Agnelli allora?” E io sempre gli dicevo: non lo so cosa ha fatto Agnelli; e secondo me non lo sai nemmeno tu. Ma se anche Agnelli fosse stato un delinquente della peggiore specie, due malfattori non fanno un uomo onesto, anzi.

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