venerdì 1 luglio 2011

“Il Pd non si offenda. Dobbiamo vincere”

Pubblichiamo una lettera di Antonio Di Pietro in risposta alla rubrica “A domanda rispondo” di Furio Colombo pubblicata giovedì 30 giugno

di Antonio Di Pietro

“Caro Furio, ti ringrazio davvero per le parole di stima personale e di apprezzamento per il mio lavoro che hai voluto rivolgermi pubblicamente attraverso la tua rubrica sul “Fatto Quotidiano”.

Credimi, ne avevo davvero bisogno, per ritrovare forza ed energia, specie dopo talune incomprensioni che si sono verificate con l’opinione pubblica a causa del mio estemporaneo colloquio con il Presidente del Consiglio Berlusconi, avvenuto pubblicamente alcuni giorni addietro all’interno del Parlamento. Quel giorno, in realtà, sono accaduti due fatti: la “chiacchierata” con Berlusconi (di cui dirò tra breve) e il mio intervento alla Camera in cui - dopo aver stigmatizzato il fallimento politico dell’attuale Governo e della sua maggioranza - chiedevo pubblicamente al leader dell’opposizione Bersani, (quindi riconoscendogli di fatto e senza infingimenti tale ruolo), di esercitare la sua leadership convocando i partner della coalizione per avviare la stesura del programma politico con cui dobbiamo presentarci agli elettori (mi auguro a breve). Apriti cielo! Quasi tutti i maggiorenti del Pd si sono sentiti offesi nella loro maestà, a loro dire lesa perché li richiamavo ai loro - anzi, ai nostri - doveri, non potendo noi pensare di conquistare la fiducia degli elettori solo perché stanchi delle promesse di Berlusconi. Per fortuna, l’altro ieri una persona per bene e intellettualmente onesta come Arturo Parisi, che voglio qui pubblicamente ringraziare, ci ha messo una pezza, riconoscendo l’importanza e l’ineludibilità della mia richiesta e spingendo, anche lui, il segretario del suo partito a uscire allo scoperto, per promuovere la nascita di una coalizione e di un programma credibili con cui poterci dignitosamente presentare al prossimo appuntamento elettorale. Leggo oggi che gli amici del Pd sono ancora così in alto mare tanto da studiare un “doppio referendum” - addirittura uno in contrapposizione all’altro, tanto sono in confusione - per riformare la legge elettorale. Ma, vivaddio, certamente la “legge porcellum” di Calderoli deve essere modificata ma, prima di rivolgersi ai cittadini, che con il referendum abrogativo possono solo cancellare l’attuale legge ma non possono approvarne un’altra, non sarebbe meglio metterci tutti attorno a un tavolo e promuovere noi una legge in Parlamento che metta finalmente in condizione i cittadini di scegliere loro chi mandare alle Camere (e soprattutto chi mandare a casa)? Insomma, sollecitare il partito di maggioranza relativa e il suo leader a esercitare tale loro ruolo è davvero così offensivo? A me pare di no. Siccome, invece, sarebbe assurdo stare ancora fermi a guardare mentre il Paese brucia, abbiamo insistito, e insistiamo, affinché anche noi del centrosinistra ci presentiamo ai nostri elettori con un nostro “programma di governo”, in cui spieghiamo cosa ci prefiggiamo di fare, con quali partiti della coalizione e con quale squadra di governo (senza rischiare di morire di inedia aspettando il messia del Terzo Polo). Un programma e relative candidature da realizzare confrontandoci direttamente con i cittadini-elettori anche, come spero, attraverso “primarie” partecipate e trasparenti, a cui anche io personalmente non intendo sottrarmi.

Ebbene, caro Furio, per aver detto (anzi ribadito) l’altro giorno questi elementari concetti in Parlamento, sono stato crocifisso da molti colleghi (o pseudo tali) che sono arrivati perfino ad accusarmi di essermi messo d’accordo con Berlusconi. Ma che “c’azzecca” direbbe il vecchio Di Pietro? Io voglio lavorare per creare un’alternativa secca al “berlusconismo” e voglio farlo - nell’ambito di un sistema bipolare - all’interno di una coalizione di centrosinistra di cui però vorrei condividere (e soprattutto far condividere dai cittadini) programma e responsabilità. Quanto all’occasionale incontro con Berlusconi, ribadisco ancora una volta che è stato il presidente del Consiglio a rivolgermi la parola e io gli ho risposto con fermezza ma senza scortesia, dicendogli che a mio avviso la cosa migliore che poteva fare per il Paese era quella di dimettersi subito. Questo rapido scambio di battute si è svolto non in un sottoscala ma nel cuore del Parlamento italiano, davanti a tutti e a telecamere accese. Proprio per questo, ero e sono ancora convinto che voltare le spalle a un Presidente del Consiglio in carica (chiunque sia, fosse pure Berlusconi), rifiutando di rispondergli avrebbe dimostrato solo una “piccolezza” d’animo non degna di un parlamentare e leader di un partito che mira addirittura a scalzarlo (anzi, semmai avrei dato il sospetto che di lui potevo avere paura!).

Un caro saluto.

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