mercoledì 7 settembre 2011

Quel vertice sull’inchiesta all’ombra della P4


Un “memoriale” conservato per mesi, blindato, depositato – questa è la voce più insistente – presso lo studio d’un notaio. La cronaca d’un incontro concitato, avvenuto nel luglio 2009, tra il colonnello Salvatore Paglino - l’uomo che coordinava le indagini su Tarantini e il giro di prostitute portate dal premier - e il nuovo capo della Procura di Bari, Antonio Laudati. “A futura memoria…”, così scriveva il colonnello Paglino, nel suo ufficio, dopo l’incontro al vertice del luglio 2009.

Laudati era già stato nominato capo della procura, ma non s’era ancora insediato e – proprio per questo – l’incontro è parso, ad alcuni dei suoi protagonisti, piuttosto irrituale. Anche perché, la linea gerarchica della Guardia di Finanza, convocata da Laudati, non era al completo. Era presente il generale Vito Bardi, accusato, due anni dopo, d’essere la talpa che passava informazioni a membri della cosiddetta “P4”. Mancava l’anello intermedio, il comandante per la Puglia, generale Luciano Inguaggiato.

Per quanto ricostruito da Il Fatto Quotidiano, in quell’incontro – definito, da Laudati, di “coordinamento investigativo” – si discusse dell’inchiesta sul premier, non indagato, ma comunque protagonista di molte telefonate imbarazzanti.

Laudati, con molto tatto, avrebbe chiesto di non prendere iniziative fino al suo insediamento. Chiedendo poi, ai suoi collaboratori, di chiarire alcuni punti dell’inchiesta. Paglino, a quel punto, si scontra con il capo della procura. E il contenuto di quell’accesa discussione – con le domande rivolte da Laudati e le risposte ottenute – sarebbe stato trascritto, appunto, nel memoriale conservato dall’ufficiale a futura memoria. Di lì a poco, Paglino, avrebbe perso la guida dell’indagine, sostituito, di fatto, da un pool di colleghi napoletani. Pochi mesi dopo, infine, sarebbe stato arrestato – l’indagine non è ancora chiusa – con l’accusa di peculato. Lo stesso Paglino, peraltro, in quei mesi viene intercettato mentre corteggia una delle donne – sentite in procura come testimoni – che Gianpi portava al premier.

Il ricatto e i pm di Lecce

Il racconto di quell’incontro, diventa ancor più importante, alla luce di tre nuovi eventi, accaduti dal 2009 a oggi, che gettano molte ombre sulla magistratura barese e meritano d’essere rischiarati. Parliamo delle ultime indagini napoletane sul ricatto di Gianpi (e Lavitola) a B. E poi dell’inchiesta, avviata dalla procura di Lecce, sui colleghi baresi che hanno indagato su Tarantini e le prostitute portate dal premier. Infine: il fascicolo, aperto dal Csm, per fare chiarezza sulla conduzione dell’indagine barese. Ieri, per ben cinque ore, i pm napoletani e quelli salentini, hanno interrogato, per la seconda volta come persona informata sui fatti, uno degli avvocati di Tarantini: Nicola Quaranta. Avrebbe “scaricato” Tarantini smentendo le sue affermazioni al telefono e difendendo così la correttezza dell’operato di Laudati.

A Napoli vogliono capire se la strategia difensiva era concordata per ricattare Berlusconi e soprattutto: chi li pagava, se il premier, o Gianpi.

A Lecce vogliono capire se, il contatto dei legali con la Procura di Bari, era nei parametri della liceità, come Laudati ha sempre sostenuto. E in questa direzione, ulteriore chiarezza, potrebbe giungere proprio dal racconto di Paglino. L’esistenza del suo memoriale è stata rivelata al “Fatto Quotidiano” da diversi testimoni. Parliamo di un atto privato che, a questo punto, solo Paglino può smentire, confermare, decidere di esibire. Per quanto risulta, in quelle pagine c’è un ampio riscontro a quanto già scritto, dal pm Giuseppe Scelsi, nell’esposto inviato al Csm che, appunto, menziona il “vertice ” in procura del luglio 2009. E di Bardi – la presunta talpa che passava informazioni ai vertici della P4 – parla, lo stesso Tarantini, il 13 luglio: “Ascolta perché mo’ tu lo capisci sto fatto … è indagato Laudati, Nicolò, questo certo Bardi… che non so chi cazzo sia … generale Bardi e non so chi altro ... dice che so sette persone sul caso mio...”.

La missione “archiviare”

Tarantini, che sarà nuovamente interrogato giovedì, dovrà spiegare ai pm anche il senso di queste affermazioni, all’apparenza totalmente insensate. La Procura di Napoli sta facendo luce sulle più intricate trame di potere che hanno attraversato gli ultimi anni. I pm che hanno scoperchiato la P4 – Francesco Curcio, Vincenzo Piscitelli ed Henry John Woodcock, coordinati dal procuratore aggiunto Francesco Greco – ora indagano sul presunto ricatto, ordito da Tarantini e Lavitola, ai danni del premier. Il ricatto s’incentra proprio sulla strategia difensiva che Gianpi dovrà tenere al termine del procedimento barese, quello sulle prostitute portate al Cavaliere, e c’è un secondo punto da chiarire: perché Lavitola e Tarantini dicono che qualcuno avrebbe fallito la “missione” di “archiviare” il procedimento? Gianpi ha smentito ai pm il senso di quelle parole. Nessun contatto, tanto meno illecito o indiretto, con Laudati. Lo stesso Laudati, infine, ha ribadito la correttezza del proprio operato e ha sottolineato – atti alla mano – d’aver arrestato Gianpi, d’aver contribuito alla chiusura delle sue aziende, d’averlo accusato di reati ben più gravi, rispetto al favoreggiamento della prostituzione, come l’associazione per delinquere.

a. mass.

2 commenti:

Unknown ha detto...

Che squallore.Come ti muovi ti fulminano.
Cristiana

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Penso che questa volta la situazione sia più complessa e che sia stata commessa più di una imprudenza, che potrebbe essere pagata a carissimo prezzo.