Un “memoriale” conservato per mesi, blindato, depositato – questa è la voce più insistente – presso lo studio d’un notaio. La cronaca d’un incontro concitato, avvenuto nel luglio 2009, tra il colonnello Salvatore Paglino - l’uomo che coordinava le indagini su Tarantini e il giro di prostitute portate dal premier - e il nuovo capo della Procura di Bari, Antonio Laudati. “A futura memoria…”, così scriveva il colonnello Paglino, nel suo ufficio, dopo l’incontro al vertice del luglio 2009.
Laudati era già stato nominato capo della procura, ma non s’era ancora insediato e – proprio per questo – l’incontro è parso, ad alcuni dei suoi protagonisti, piuttosto irrituale. Anche perché, la linea gerarchica della Guardia di Finanza, convocata da Laudati, non era al completo. Era presente il generale Vito Bardi, accusato, due anni dopo, d’essere la talpa che passava informazioni a membri della cosiddetta “P4”. Mancava l’anello intermedio, il comandante per
Per quanto ricostruito da Il Fatto Quotidiano, in quell’incontro – definito, da Laudati, di “coordinamento investigativo” – si discusse dell’inchiesta sul premier, non indagato, ma comunque protagonista di molte telefonate imbarazzanti.
Laudati, con molto tatto, avrebbe chiesto di non prendere iniziative fino al suo insediamento. Chiedendo poi, ai suoi collaboratori, di chiarire alcuni punti dell’inchiesta. Paglino, a quel punto, si scontra con il capo della procura. E il contenuto di quell’accesa discussione – con le domande rivolte da Laudati e le risposte ottenute – sarebbe stato trascritto, appunto, nel memoriale conservato dall’ufficiale a futura memoria. Di lì a poco, Paglino, avrebbe perso la guida dell’indagine, sostituito, di fatto, da un pool di colleghi napoletani. Pochi mesi dopo, infine, sarebbe stato arrestato – l’indagine non è ancora chiusa – con l’accusa di peculato. Lo stesso Paglino, peraltro, in quei mesi viene intercettato mentre corteggia una delle donne – sentite in procura come testimoni – che Gianpi portava al premier.
Il ricatto e i pm di Lecce
Il racconto di quell’incontro, diventa ancor più importante, alla luce di tre nuovi eventi, accaduti dal 2009 a oggi, che gettano molte ombre sulla magistratura barese e meritano d’essere rischiarati. Parliamo delle ultime indagini napoletane sul ricatto di Gianpi (e Lavitola) a B. E poi dell’inchiesta, avviata dalla procura di Lecce, sui colleghi baresi che hanno indagato su Tarantini e le prostitute portate dal premier. Infine: il fascicolo, aperto dal Csm, per fare chiarezza sulla conduzione dell’indagine barese. Ieri, per ben cinque ore, i pm napoletani e quelli salentini, hanno interrogato, per la seconda volta come persona informata sui fatti, uno degli avvocati di Tarantini: Nicola Quaranta. Avrebbe “scaricato” Tarantini smentendo le sue affermazioni al telefono e difendendo così la correttezza dell’operato di Laudati.
A Napoli vogliono capire se la strategia difensiva era concordata per ricattare Berlusconi e soprattutto: chi li pagava, se il premier, o Gianpi.
A Lecce vogliono capire se, il contatto dei legali con
La missione “archiviare”
Tarantini, che sarà nuovamente interrogato giovedì, dovrà spiegare ai pm anche il senso di queste affermazioni, all’apparenza totalmente insensate.
a. mass.
2 commenti:
Che squallore.Come ti muovi ti fulminano.
Cristiana
Penso che questa volta la situazione sia più complessa e che sia stata commessa più di una imprudenza, che potrebbe essere pagata a carissimo prezzo.
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