giovedì 6 ottobre 2011

IL PILOTA E LA CACCIA AL TESORO


di Gianni Barbacetto

Il comandante Giorgio Mona è un pilota “a quattro strisce e una stella”. È stato per molti anni il pilota degli aerei privati dell’architetto Bruno De Mico, protagonista negli anni Ottanta dello scandalo “Codemi” e di quello che è stato chiamato “scandalo delle carceri d’oro”.

Ha portato in volo, tra gli altri, Franco Nicolazzi, Giulio Andreotti, Bettino Craxi, Renato Altissimo, Egidio Sterpa, Francesco De Lorenzo, Duilio Poggiolini e anche sua moglie Pierr De Maria, quella del puff in camera da letto imbottito di certificati di deposito per 10 miliardi di lire.

De Mico, arrestato con l’accusa di aver pagato tangenti ai politici per ottenere gli appalti, fu alla fine ritenuto concusso, cioè obbligato a pagare per poter lavorare. Vecchia storia dimenticata, sepolta sotto mille storie simili, prima quelle della Tangentopoli degli anni Novanta, poi quelle delle mazzette stile Seconda Repubblica, fino a oggi.

De Mico muore il primo gennaio 2010. A questo punto, il comandante Giorgio Mona resta senza lavoro, ma con un contratto ancora valido. Si rivolge agli eredi di De Mico e chiede ciò che pensa gli spetti: gli arretrati, gli adeguamenti, le ferie, i riposi non goduti, gli scatti d’anzianità, i versamenti Inps, la liquidazione...

La famiglia gli risponde picche.

La vedova, oltretutto, si è trasferita a Londra e non ne vuol sapere di riaprire la porta sul passato del marito.

A questo punto, il comandante, per far valere quelli che ritiene i suoi diritti, si trasforma in investigatore e, con l’aiuto anche di un’agenzia specializzata, inizia una caccia al tesoro, per scoprire le proprietà (anche all’estero) del suo ex datore di lavoro. Per poter dire al giudice: vede? non mi vuole pagare, eppure i soldi ci sono.

Così il pilota delle valigette molto riservate trasportate sulla rotta Milano-Roma ha scoperto i beni e la rete di società dell’uomo che anticipò Tangentopoli.

Scopre subito la Dudmaston Ltd (Bahamas), a cui era intestato l’ultimo aereo dell’architetto, un Cessna Citation X, giocattolo da 22 milioni di dollari.

Scopre gli immobili di famiglia: Villa Soave a Capiago Intimiano, con parco di 20 ettari; un appartamento in via del Gesù, in pieno centro di Milano; e la residenza di Londra, a Eaton Square.

Le case di Milano e di Londra sono in affitto, dice la famiglia, la villa di Capiago è della società Finimo.

Di chi è la Finimo? Amministratore unico Monica Canova, fiduciaria svizzera con sede a Chiasso.

Ma dal 2004 la Finimo appartiene alla Shermann, società con base a Dover, Delaware, Usa.

Poi passa alla Rosevalley Sa, Lussemburgo. Che è al 50 per cento della Rosevara Ltd e al 50 per cento della Sanlux Investiments, due società basate a Dublino, Irlanda. Controllate dalla Guanara Incorporate, British Virgin Islands.

Complesso il sistema delle scatole cinesi usato, ma alla fine, scopre il pilota diventato cacciatore di tesori, la proprietà vera è sempre di Bruno De Mico e della sua famiglia. Segue richiesta al giudice del lavoro. Udienze, rinvii, altre udienze, ulteriori rinvii. Ora un giudice ha deciso che sì, il comandante Giorgio Mona ha diritto almeno a una parte dei soldi che pretende. Un altro giudice stabilirà la cifra.

Finisce così la caccia al tesoro del pilota di Tangentopoli. Non senza rimpianto: com’erano belli gli scandali della Prima Repubblica, confrontati con quello che è venuto dopo, guazzabuglio di P4 e bunga-bunga.

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