mercoledì 19 ottobre 2011

LA MIA VITA DENTRO di Luigi Morsello

Recensione di

Silvio Biondi * e Amedeo Blasi**

Raramente sono apparse pubblicazioni che rappresentassero, in termini di fedeltà alla realtà, la nostra storia più recente. La mia vita dentro è la cronaca di 40 anni di storia d’Italia. Luigi Morsello, da qualche anno in pensione con il grado di ispettore generale, è un direttore di carcere che ha vissuto sulla sua pelle le dinamiche e le contraddizioni di un lungo periodo doloroso che va dal 1967 al 2005.

Uno studente di giurisprudenza, di scienze sociali, di scienze politiche, ma anche di psicologia o scienze della formazione che volesse trattare l’argomento della riabilitazione all’interno degli istituti di pena, ma anche “ gli anni di piombo “, la politica penitenziaria dal dopoguerra – sua evoluzione, non può omettere di citare ed integrare nel suo lavoro di ricerca il libro di Luigi Morsello “ La mia vita dentro “.

Il libro, strutturato secondo i criteri della documentazione testimoniale, della cronaca, del memoriale, si apre al lettore con la citazione dei luoghi dove l’autore ha prestato la sua opera; peraltro con una rappresentazione cartografica dell’Italia. Poi, dal primo capitolo all’ultimo inizia la narrazione, che per un verso è minuziosa esposizione di fatti con nomi e luoghi reali, per altro verso attraverso la voce narrante dell’autore entriamo in quel dentro dell’istituzione totale che onora il concetto stesso di verità delle cose; nel senso che Luigi Morsello ci conduce, con la sua esperienza, come Virgilio conduce Dante che parlava con e dei suoi contemporanei.

Così, quest’uomo prende per mano il lettore, e dopo averlo fatto salire a bordo del traghetto per Capraia Isola, parte la storia “ il sordo e frenetico martellare dei motori del traghetto sembrava fosse la sola cosa nella quale riuscissi a concentrarmi. Via via che la terra ferma si allontanava dietro le vetrate del ponte, cresceva la convinzione di aver fatto una sciocchezza. Avevo detto di si all’ispettore distrettuale dell’amministrazione penitenziaria. E’ il 1969 quando ritroviamo il dottor Morsello vicedirettore alle dipendenze del dottor Corbo a San Vittore. È addetto ai colloqui con i detenuti, è l’anno in cui la contestazione giovanile, in Italia, prende avvio. Il dottor Morsello, tra gli altri fa colloquio con Mario Capanna, il noto leader della contestazione, quello che tirò le uova marce agli spettatori all’ingresso del teatro La Scala.

In un messaggio del dottor Corbo, direttore di San Vittore riportato ne “La mia vita dentro” si comprende come sin da quegli anni le istanze riabilitative fossero già presenti nell’ordine delle cose penitenziarie. Si tratta, in questo caso, di una serie di consigli che il direttore capo in modo accorato esterna alla popolazione detenuta, il messaggio termina così: il mio personale augurio è che possiate tornare presto in libertà per riunirvi utilmente nel consorzio civile.

Nel secondo capitolo del libro Morsello ci introduce nella situazione penitenziaria di San Gimignano, metafora di molti istituti, qui scopriamo lo stato di abbandono della struttura, l’illuminazione insufficiente, il perimetro parziale del muro di cinta. Il direttore, sotto lo sguardo stupito dei poliziotti penitenziari, perlustra l’intero complesso compresa la parte detentiva, il segnale è quello di un capo cui non bastano le descrizioni, un capo che non sta rinchiuso nel suo ufficio. Egli si corica a tarda ora e prima di addormentarsi gli scorrono negli occhi della mente facce, storie, divise, sbarre. Ed ecco che a grandi ma essenziali, riassuntive ma esplicative descrizioni ci presenta le diverse personalità di detenuti che alloggiano in quella casa di reclusione. Sono gli anni in cui esplode la guerriglia urbana, le bombe e nel libro, nel primo riquadro, come inciso su sfondo grigio viene descritta la strage neo fascista di piazza della Loggia, gli strani comportamenti che seguirono subito dopo lo scoppio della bomba, è il 1974. Come per introdurci nel clima di quegli anni 70, in cui la fine della guerra mondiale non rappresentò la fine degli odi di classe, Morsello, con abile gioco del significante tra flesh back del suo blog e ricordo ci racconta la carcerazione di un detenuto che già nel 1955 aveva compiuto un doppio omicidio politico. In questo spaccato sono cucite alla pagina dinamiche di umanità, situazione storico politica, sentimenti profondi proposti con equilibrio e misura. Approdiamo quindi agli anni di piombo, Morsello è titolare nella direzione del carcere di San Gimignano e direttore in missione a Siena di cui il nostro autore ricorda l’origine della struttura penitenziaria; con ampia disamina ne ricostruisce la storia sin dal 1497, qui l’autore cogli l’occasione per evidenziare le difficoltà itineranti del mestiere di direttore che gestisce il carcere all’interno di una realtà legislativa dove (prima del 1975 varo della riforma penitenziaria) il magistrato di sorveglianza era una funzione minore, affidata al giudice istruttore, mentre la sorveglianza nelle carceri era affidata al procuratore della repubblica. In questo clima confuso, in cui la regolamentazione delle dinamiche relativa all’esecuzione penale prestava il fianco a forzature di ogni genere egli deve affrontare l’emergenza di una rivolta nel carcere di San Gimignano. Il clima rovente nelle carceri prende il sopravvento quando, in seguito ad una rivolta nel 1974 presso il carcere di Alessandria, si registrano numerosi morti e feriti; l’impreparazione generale, l’arretratezza culturale, sottolinea Morsello, portò ad una crescita esponenziale della violenza, all’uso maldestro e illegittimo della forza da parte delle istituzioni. La situazione fa dire all’autore de La mia vita dentro che la coscienza di una sana gestione delle dinamiche, dall’arresto alla carcerazione, pare essersi smarrita. La violenza, anche in situazioni di piccola entità diviene rifugio e negazione della ragione. In questa situazione il non più che quarantenne direttore deve navigare a vista, deve capire le situazioni di pericolo quotidiano mantenendo lucidità, il rispetto delle regole e dei princìpi di umanità: è uno sforzo indicibile che lascia il segno. Le carceri si riempiono di quel clima devastante che per certi versi, sopra gli altri l’emotivo, abbatte la differenza di tensione che aleggia in tutta la nazione funestata da attentati di destra e di sinistra, con l’unica differenza, e non è poco, dello spazio: per quanto grande un carcere si misura a metri quadri e cubi e le dinamiche che ivi si dipanano hanno sempre il nome e cognome di un responsabile. In questa nebula in cui la contestazione fuori dal carcere si trasforma in rivolta dentro il carcere occorreva cercare i promotori di tali azioni e trasferirli, isolarli. Non sappiamo quante volte il dottor Morsello abbia perso la calma ma sappiamo che il criterio della giustizia, intesa come rispetto della verità, lo ha costantemente guidato; infatti non sempre le notizie circa i promotori delle rivolte erano veritiere, nel qual caso, Morsello rimediava, anche se a posteriori, facendo ritornare il detenuto ingiustamente trasferito.

Il libro procede senza calo di ritmo per il lettore, egli viene tenuto attaccato alla pagina di storia dove si incontrano personaggi noti che sono stati figli della politica, della finanza, della delinquenza esasperata. E mentre la percezione delle relazioni tra stato e terrorismo pare stabilizzarsi ad un livello schizofrenico, il direttore mantiene lucidità, senso dello stato, umanità.

Il dottor Morsello è stato come un ufficiale di collegamento che ha un messaggio decisivo e senza dormire né di giorno né di notte, viaggia con mezzi disperati per portare l’informazione che custodisce; raggiunto lo scopo crolla a terra esausto, ma si rialza, scrive La mia vita dentro.

*Assistente Capo di Polizia penitenziaria in servizio a Rimini

** Sociologo, consulente presso le carceri di Rimini e Massa Marittima

7 commenti:

Unknown ha detto...

Ricordo l'emozione provata leggendo il tuo libro.
Cristiana

Nou ha detto...

Ciao Luigi,
è la prima recensione che descrive e fa capire il contenuto del tuo libro. Io non l'ho ancora letto, e in questo sono imperdonabile, ma conoscendoti attraverso il blog e i tuoi commenti mi ero già fatta l'idea dell'impronta che lo caratterizza. Penso che chiunque sia sensibile ai problemi sociali non possa trascurare questa lettura e che sia un testo di riferimento della nostra recente storia. Riparerò al più presto.
Ciao Luigi e grazie per il tuo libro, per il tuo blog e per il tuo costante impegno nell'osservare gli eventi che giorno dopo giorno si affacciano pressanti e indecifrabili per la maggior parte delle persone, me compresa. Tu ti esprimi, su questi accadimenti, connotando il tuo pensiero di tanta esperienza e competenza ed è un pensiero rassicurante ed equilibrato di cui provo fiducia e stima.

Nou

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

GRAZIE. SEI SULLA MIA BLOG ROLL

Francy274 ha detto...

Confermo e sottoscrivo. Il Tuo libro è davvero materia per studenti, mia figlia ne è entusiasta.
E io ogni tanto rileggo qualche capitolo quando mi serve un riferimento sugli anni di biombo.
Complimenti Luigi per la svolta da Ispettore delle carceri a scrittore :)

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

TI RINGRAZIO FRANCESCA, MA SCRITTORE PROPRIO NO, NON LO SONO NE' HO L'AMBIZIONE O L'AVVENTATEZZA DI ESSERLO.

chicchina ha detto...

Ciao Luigi,la recenzione al tuo libro,che leggo e rileggo con molta attenzione,la stessa che ho dedicato leggendo il libro,mi conforta nella convinzione che mi ero fatta dello stesso,anche se di certo mi sarei espressa con minore capacità di analisi,i miei mezzi sono più limitati.
Sono stata parecchio assente: il tempo mi ha permesso di leggere e rileggere il libro e la recenzione mi da ora l'occasione di esprimere anche il mio parere.
Ciao,a presto

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

@ Chicchina. Sono contento che il libro ti sia piaciuto. Uno che fa il proprio dovere non dovrebbe incarnare una figura particolare, ma oggi pare che siano pochi quelli che si applicano con passione al proprio lavoro. Peccato.