giovedì 6 ottobre 2011

La regola di Formigli


di Nanni Delbecchi

Oltre ad avere alle spalle un rispettabile curriculum, Corrado Formigli ha avuto quest’anno la tipica occasione che capita a chi è nato con la camicia, dimostrando che ha le sue buone ragioni per condurre in maniche di camicia bianca, tradizionale capo del conduttore che non deve chiedere mai.

Ma perché diciamo questo? Perché l’immutabile dio dei palinsesti sembrava avere fatto un’eccezione per lui; Santoro se ne va, Rai2 lo sostituisce con Francesco Facchinetti, e per il delfino si libera improvvisamente il giovedì sera – un capitale inestimabile, perché, diceva Funari, nel telespettatore l’abitudine è tutto –; e si libera oltretutto a La7, la più indipendente tra le reti generaliste.

Formigli raccoglie la sfida, annuncia che il suo programma si chiamerà “Piazza pulita”, e a quel punto lo spettatore fa quello che non fa più da anni. Spera. Non grandi cose, giusto qualche piccola fantasia. Si figura che Formigli si ricorderà del suo luminoso passato di inviato in trincea e l’ennesimo talk show politico condotto da un delfino di Santoro non vedrà né lo stesso studio di Santoro, né gli stessi ospiti di Santoro, e già che ci siamo si augura opinionisti meno tromboni di quelli di Lerner e meno ovvi di quelli di Floris, e, mi voglio rovinare, qualche autentica faccia nuova (a proposito: perché i conduttori tv tuonano contro la casta e poi si contendono solo ed esclusivamente rappresentanti della casta?).

“Piazza pulita” è finalmente partita e ci siamo ritrovati in un programma che sta ad “Annozero” come la Ryanair sta alla Singapore Airlines.

La rotta è la stessa, il servizio non proprio. Uno studio che è la versione low cost di quello di Santoro, contributi esterni pure economy e passeggeri, ovvero ospiti, low profile di per sé, sotto non si può andare.

L’unica cosa che manca, rispetto ai programmi di Santoro, è Santoro stesso.

Dopo una mezz’ora di attesa, è umano che il telespettatore si domandi: “ma Santoro quando entra?”. Poi, quando invece è entrato Roberto Castelli e preso atto che si faranno comunque le ore piccole, sarà altrettanto umano che cambi canale.

Non dico che si debba uccidere il padre, ma almeno dargli uno scappellotto, altrimenti il delfino diventa trota e scatta l’effetto nostalgia (altrui).

Nell’ultima puntata Formigli si è armato perfino di Vittorio Sgarbi, colui che tutti, da Barbara D’Urso a Bruno Vespa, usano nei loro salotti come l’olio al peperoncino sulla pizza. Oltretutto Sgarbi era stato costretto a fare anticamera fino a tarda ora, che è come tenere un dogo argentino in gabbia; per quanto il dogo sia ammaestrato, è chiaro che quando gli apri le sbarre caricherà a testa bassa.

Sgarbi non si era ancora seduto che già insultava gli altri ospiti, esibiva un linguaggio da trivio (gli agganci erano abbastanza a portata di mano, visto che si parlava delle compagnie di Berlusconi) e saltava alla giugulare del conduttore. “Ci dica, Sgarbi…” “Perché mi dai del lei quando nella vita ci diamo del tu? Sei un ipocrita!” “Ma no, vedi, è che in trasmissione do del lei a tutti. Questa è la mia regola…”.

E così, dopo il Teorema di Pitagora e la Legge di Avogadro, abbiamo imparato anche la Regola di Formigli. Che, se abbiamo ben capito, dice così: dati un anno zero e una piazza pulita, invertendo l’ordine dei fattori il prodotto non cambia. A parte l’audience.

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