martedì 18 ottobre 2011

Sabato Maroni ha sottovalutato la situazione


Di Pietro, anche lei ritiene che se il premier si fosse dimesso, sabato non ci sarebbe stato il caos a Roma, come sostiene ad esempio la finiana Barbara Contini?
"Non confondiamo i piani. Se Berlusconi si fosse dimesso sarebbe stato un bene per l’Italia. Qui c’è un movimento globale che ha coinvolto 80 Paesi e che lancia un tema importante, la redistribuzione della ricchezza nella moderna democrazia liberale. Un tema che va ben oltre Berlusconi. Poi in Italia c’è l’anomalia di un governo con così scarsa credibilità, che ha fatto così poco per la pacificazione sociale e che è causa di maggiore indignazione e pure dell’esasperazione. Insomma un governo che compra i voti alimenta gli scontri in piazza. Ma non confondiamo tutto ciò con i provocatori di professione”.

In che senso scusi? Sta dicendo che il governo è responsabile di quanto è avvenuto?

“No, attenzione, questi episodi non hanno a che fare con la politica. Intendo dire che c’è un’indignazione vera del popolo normale e dei giovani contro il nostro piccolo Gheddafi chiuso nella sua Sirte. Ma poi ci sono le frange armate di violenti, che non hanno ideologia, che vanno identificate e messe in condizione di non nuocere, e governo e opposizioni devono essere unite nel condannarli. E per me bisognerebbe prevedere l’arresto fuori dalla flagranza per quelli identificati, dando un’arma alla magistratura per fermarli, altrimenti se ne tornano a casa impuniti e invece un po’ di sana galera gli fa bene. Oggi con le moderne tecnologie, con i servizi segreti e investigativi che abbiamo, dovremmo sapere nomi, cognomi, volti e identità di tutti costoro. E non bisognava neanche farli arrivare a Roma, andavano fermati prima. Non v’è dubbio, quindi, che c’è stato un deficit di prevenzione e di intelligence”.

Lei giorni fa avvisò il governo che la situazione era esplosiva e poteva scapparci il morto. Maroni dice che è stato sventato questo rischio grazie alla gestione dell’ordine pubblico delle forze di polizia. Concorda?

“Non c'è dubbio che le forze dell'ordine hanno fatto ciò che potevano nelle condizioni date. Ma non si può aspettare che arrivano questi a spaccare le vetrine per andarli solo poi a prendere, scatenando un conflitto in mezzo alla popolazione. I black bloc dovremmo conoscerli uno ad uno ormai, o no? Si deve fare come con gli ultras del calcio che non vengono fatti entrare negli stadi, vengono fermati o tenuti a casa”.

Le cronache dal campo di battaglia narrano anche una grande insofferenza di molti addetti alla sicurezza che avrebbero ricevuto l’ordine di non reagire per evitare un secondo G8. Se così fosse, lei ritiene che vi sia stata una gestione troppo ‘buonista’ della piazza?
“In mezzo a 200mila persone, mettersi a fare a manganellate contro le sassaiole non è così semplice. Da ex celerino, che negli anni ‘70 passò tre mesi sotto la sede dell'Msi a Milano, ne so qualcosa. Me ne son fatta di esperienza e non è facile ordinare una carica in mezzo ai cittadini. Anzi, ringrazio chi stava sul campo sabato. Ma mai avrei immaginato che non vi fosse stata alcuna attività di prevenzione e mi rifiuto di pensare che non ci fossero degli infiltrati in mezzo a questi teppisti. Se non c'erano sarebbe ancora più grave. Insomma, da ex commissario di polizia avrei individuato i pullman con cui arrivavano e gli avrei fatto bucare le gomme lasciandoli in mezzo alla strada”.

Sta avanzando il sospetto che non siano stati fermati prima apposta?
“Chi ha governato la situazione nella stanza dei bottoni del Viminale, compreso il ministro, ha sottovalutato la situazione. Delle due l’una: o è incapace ad assicurare un’attività di prevenzione e infiltrazione, oppure non ha voluto svolgere questo ruolo. E magari fa sorgere il dubbio che non siano stati bloccati i provocatori per spostare l’attenzione dal grande significato democratico di quella manifestazione. Ora bisogna vedere quali teste devono saltare e a che livello”.

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