martedì 1 novembre 2011

Perché la lettera non ha convinto


Che cosa sta succedendo sul mercato del debito?

Gli investitori vendono i nostri titoli di Stato già in circolazione, facendo crollare il prezzo (che, nel mercato obbligazionario equivale a un aumento del rendimento). Si allarga quindi lo spread, cioè la differenza tra quanto rendono i nostri titoli a 10 anni e quelli tedeschi.

Fino a quando si può continuare così?

La soglia critica, secondo molti analisti, è quella del rendimento pari al 7 per cento annuo sui titoli decennali. Ieri sul mercato si è arrivati al 6,2. All’ultima asta i Btp sono stati venduti a un tasso mai toccato da quando c’è l’euro, il 6,06 per cento, in aumento del 15 per cento rispetto all’asta precedente. Questo significa che è in moto un effetto valanga: sul mercato vengono venduti i titoli, lo spread sale, alle aste il Tesoro deve pagare interessi sempre più alti. Oltre un certo livello – appunto il 7 per cento – gli investitori considerano lo Stato incapace di affrontare i propri impegni di pagamento, specie se, come l’Italia, ha un debito molto elevato (il 120 per cento del Pil) e una crescita prevista per l’anno prossimo vicina allo zero.

Ma la lettera di intenti del governo non aveva convinto l’Unione europea?

Servono due precisazioni: i vertici dell’Ue, Barroso per la Commissione e Van Rompuy per il Consiglio, hanno approvato la lettera presentata mercoledì da Silvio Berlusconi perché il contenuto era stato concordato e rivisto, prima della rivelazione pubblica. L’Europa ha preteso, tra l’altro, le date entro cui realizzare le riforme. Quindi doveva per forza approvarla, perché lo scopo di tutta l’operazione era presentare l’Italia come un Paese sulla strada giusta e non come la prossima Grecia, per allontanare la crisi.

I mercati ci hanno creduto?

Giovedì sembrava di sì: gli spread scendevano e le Borse salivano, ma era un’illusione, anzi era speculazione (cioè un tentativo di guadagnare su rialzi nel breve termine, non si specula solo al ribasso). Ma già da venerdì, soprattutto dall’asta sui Btp, è stato chiaro che gli investitori non si fidano che il governo Berlusconi riesca a fare in pochi mesi quello che non è stato capace di realizzare in tre anni.

Cosa dovrebbe fare l’Italia per uscire dalla tempesta finanziaria?

L’opinione più condivisa è che ormai non restino che due leve. La prima è dimostrare che il risanamento avviato con la manovra estiva era reale: dei 60 miliardi di correzione ancora ne mancano 20 all’appello. Dovevano arrivare da una riforma del fisco e dell’assistenza (cioè da un aumento delle tasse), ora c’è grande confusione sul tema, si parla anche di un nuovo aumento dell’Iva. La seconda opzione, la più condivisa a livello internazionale, è che Berlusconi non sia più credibile. Come dice una battuta che circola a Bruxelles, ‘il problema è il cuoco, non la ricetta’. Quindi almeno parte dello spread e dell’aumento dei tassi è da attribuire alla permanenza di un governo considerato dai mercati inadatto a questa fase della crisi.

Chi ci può salvare?

È molto atteso il G20 dei prossimi giorni a Cannes, in Francia. In quella sede si dovrebbe definire un ulteriore salto di qualità nello spiegamento di forze contro la crisi europea: il coinvolgimento dei Paesi extraeuropei, Cina inclusa, tramite il Fondo monetario internazionale. Il governo di Pechino ha rifiutato di investire direttamente nell’Efsf, il Fondo salva Stati europeo, sembra preferire un potenziamento del Fmi, così da rafforzare il proprio ruolo all’interno di un’istituzione finora a trazione americana ed europea. Sarà poi il Fondo a intervenire in Europa, forte dei capitali cinesi.

Basterà questo a mettere al riparo l’Italia?

No. Unione europea e Fmi stanno cercando di creare una rete di sicurezza attorno all’Italia e alla Spagna per evitare che la bancarotta controllata della Grecia inneschi un effetto domino. Ma si tratta di interventi ex post, che si spera di non dover mai concretizzare, o i sacrifici imposti agli italiani come contropartita saranno anche superiori a quelli chiesti ai greci.

Cosa possiamo fare per evitare il peggio?

Dipende tutto dal governo: può iniziare ad approvare per decreto legge in tempi rapidissimi le misure imposte dall’Ue o dimettersi. Entrambe le cose sarebbero salutate con favore dai mercati.

Ste. Fel.

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