sabato 17 dicembre 2011

Dalla Camera sì alla manovra Ma il governo perde voti




La Camera dà il via libera alla «manovra salva Italia», confermando la fiducia al governo Monti al termine di un dibattito che ha visto i deputati della Lega e dell'Italia dei valori dare battaglia per rallentare i tempi. Due le votazioni. Una in mattinata - 495 sì, 88 no, 4 astenuti - sulla fiducia posta sul testo del decreto modificato nel corso dell'esame nelle commissioni (Bilancio e Finanze). La seconda, nella tarda serata, sull'intero provvedimento: 402 a favore, 75 i contrari, 22 gli astenuti. In questo caso, i votanti sono stati soltanto 499, sono cioè mancati 70 del Pdl, 6 del Pd, 10 di Fli e 8 della Lega. Il testo ora passa al Senato per l'approvazione definitiva.
Allo scrutinio finale si giunge dopo un'intensa battaglia sugli ordini del giorno. I gruppi (ma prevalentemente Lega Nord e Italia dei Valori) ne presentano 236. I bossiani riescono a farsene approvare uno all'unanimità nonostante il parere negativo del governo. Il testo presentato dall'ex sottosegretario Francesca Martini impegna l'esecutivo ad esimere dal pagamento dell'Ici le abitazioni nelle quali vivono persone disabili.
«Non sono disperato»

Nei due scrutini chiave, fiducia e voto finale, le basi parlamentari su cui si regge l'esecutivo si sono ristrette. Hanno tolto l'appoggio all'esecutivo sia l'Italia dei valori sia la Svp sia un gruppo di parlamentari del Pdl (una trentina). E così, rispetto al momento in cui Monti per la prima volta (un mese fa) ha avuto il via libera della Camera ottenendo 556 sì, i numeri si sono ridotti benché sulla carta potesse contare su una maggioranza politica costituita da Pdl, Pd e Terzo polo.
Per non accreditare l'idea di un Pdl spaccato sulla manovra, Silvio Berlusconi cerca di minimizzare il comportamento dei «suoi» deputati, sostenendo di «avere autorizzato in alcuni casi un voto di astensione o di votare no» dato che la maggioranza non correva pericoli. L'ex premier cerca, inoltre, di circoscrivere il significato della frase «Monti è disperato» riportata ieri da tutti i giornali. «È stata una battuta», si difende il Cavaliere che definirà poi «sereno» il voto. In Aula, Angelino Alfano ribadisce il sì del Pdl: «Abbiamo votato la fiducia e voteremo la manovra perché siamo seri, leali e coerenti». Tuttavia, avverte rivolgendosi al premier, il provvedimento contiene «troppe tasse e noi la invitiamo a proseguire la crescita. Se le troppe tasse alimenteranno la recessione saremmo costretti a fare nuove manovre e noi non vogliamo imporre altri sacrifici agli italiani». Alfano invita quindi Monti a fare valere in Europa gli interessi dell'Italia e a dire no al direttorio franco-tedesco («Se loro fanno i loro interessi noi faremo le cose che servono all'Italia e agli italiani») garantendo che «sulla crescita il governo troverà un partito pronto».
L'Italia ce la farà

Pier Ferdinando Casini sosterrà il governo fino alla fine: «Noi del Terzo polo e dell'Udc non ci scostiamo di un millimetro dalle nostre posizioni». Ne abbiamo voluto uno, dice, «di impegno nazionale e siamo pronti a condividerne la sorte senza alcun distinguo di responsabilità». Il lavoro è lungo, la legislatura va portata a compimento perché, ammonisce, «le improbabili elezioni anticipate sarebbero il baratro dell'Italia e noi vogliamo salvare l'Italia».
Anche Pier Luigi Bersani (Pd) invita Monti a fare sentire la voce dell'Italia in Europa, «convincendola a difendere attivamente l'euro, non bastano soltanto le politiche di disciplina. Facciamolo con tutti, o con chi ci sta. Non possiamo rincorrere, manovra su manovra, una recessione che rischia solo di peggiorare». Insomma, «noi non manderemo a fondo l'Europa, ma l'Europa di Merkel e Sarkozy non mandi a fondo tutti quanti, compresi noi». In precedenza, però, il segretario del Pd, aveva tenuto a chiarire che «il sostegno a Monti sarà coerente e fermo, perché si tratta di una soluzione di emergenza e transitoria, ma il nostro orizzonte è l'appuntamento elettorale».

La Lega, come del resto l'Italia dei valori, vota no sia alla fiducia sia alla manovra. Di Pietro accusa il governo Monti «nato come tecnico di essere diventato un governo politico con i suoi compromessi: per cercare una maggioranza parlamentare che permettesse di sopravvivere ha rinunciato ai suoi stessi obiettivi». La Lega fa parlare Emanuela Munerato che, indossando una tuta arancione e una cuffietta bianca, spiega il no del Carroccio «a nome dei lavoratori e degli operai che sono gli unici a pagare i costi di questa manovra».
Lorenzo Fuccaro
Twitter@Lorenzo_Fuccaro17 dicembre 2011 

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