sabato 17 dicembre 2011

LA FIDUCIA PERDE PEZZI DUELLO CON B.





Il premier si ferma a quota 495, la manovra a 402 No all’Ici sul Vaticano, va sotto su un Odg della Lega
di Paola Zanca
   Iole Santelli comincia a battere le mani piuttosto divertita. Poi si guarda intorno e capisce che è sola. Nessuno tra i banchi del Pdl sta applaudendo al primo ministro Mario Monti che dopo “un rapido esame di coscienza” ha scoperto di non sentirsi “assolutamente disperato”. La Santelli applaude, ma al resto del Pdl non è piaciuta l'ironia con cui il premier ha risposto alle parole pronunciate ieri da Silvio Berlusconi. Dice il deputato pidiellino Antonio Palmieri: “La battuta di finale di Monti, se tale era, non ci ha fatto ridere. Non ha capito che ieri Berlusconi lo ha sostenuto, non criticato”.
   Per sostenerlo, ieri, il leader del centrodestra ha detto che la durata del governo dipende dall'andamento dei “sondaggi”. E se pensava di aver capito male, Mario Monti si è chiarito le idee ieri mattina: al voto di fiducia sulla manovra ha perso 61 voti rispetto a un mese fa. E per la metà, quei voti scomparsi , appartengono proprio al Pdl. Quattro si sono astenuti (Deborah Bergamini, Giulio Marini, Giuseppe Moles e Pina Castiello) altri 26 non si sono presentati in Aula. Difficile immaginare giustificazioni per Guido Crosetto e Maria Rosaria Rossi: assenti al voto ma presentissimi alla buvette e nel cortile fumatori. Sono voti di dissenso, così come il “no” esplicito rifilato al governo Monti dai Pdl Alessandra Mussolini e Giorgio Stracquadanio. Hanno cambiato idea dal 18 novembre anche i tre deputati di Noi Sud (Elio Belcastro, Arturo Iannaccone e Americo Porfidia) e i tre delle minoranze linguistiche (Sigfried Brugger, Roberto Nicco e Karl Zeller). E sul voto serale (non la fiducia, ma il sì alla manovra “nel merito”) Monti ha perso altri pezzi: i “sì” sono scesi a 402, i “no” 75. Complici le assenze (70 solo nel Pdl), ma non solo, visto che gli unici a crescere sono stati gli astenuti: dai 4 della mattina ai 22 di fine giornata. E di nuovo, più della metà, sono sempre del partito di Berlusconi.
   SULLA FIDUCIA il Pd invece alla fine ha tenuto. Assente solo Marianna Madia (pare per questioni personali) non ci sono state le due astensioni minacciate da Antonio Boccuzzi e Stefano Esposito. Ma certo il segretario Pierluigi Bersani ha scelto una giornata particolare per far sapere al mondo che “l'orizzonte del Pd è il voto”. Non è un caso quindi che il leader dell'Udc Pierferdinando Casini abbia lanciato il suo avvertimento: “Chi sostiene la maggioranza non può poi disseminarne il cammino di ostacoli e scetticismo. No a furberie”. Perchè di ostacoli, scetticismo e furberie il Parlamento è pieno. Secondo i democratici è pura tattica anche quella dell'Italia dei Valori. Antonio Di Pietro ieri ha deciso di portare il suo partito fuori dalla maggioranza (solo Renato Cambursano ha votato la fiducia a Monti). Una scelta “troppo facile” per il capogruppo Pd Dario Franceschini. Quando lo dice dai banchi dell'Idv si accenna una protesta. La ferma Di Pietro, nervosissimo, con l'indice davanti alla bocca: “Zitti”. E più zitti del solito, si fa per dire, sono stati anche i leghisti. Per la diretta tv, anziché gli show dei giorni scorsi, hanno preferito una protesta più “sobria”: Emanuela Munerato è intervenuta in Aula con la tuta arancione e la cuffietta bianca che ha indossato “fino a due giorni prima di entrare in Parlamento”. Il meglio, le camicie verdi, lo hanno dato durante la discussione sugli ordini del giorno. E c’è da dire che il ministro Piero Giarda ha servito le occasioni su un piatto d’argento. Si confonde sui pareri del governo, sbaglia i nomi dei deputati, chiede di cambiare “’incipit” dei testi che non gli piacciono, si incarta con i fogli, si merita più di un rimprovero dal presidente Gianfranco Fini. E i leghisti si scatenano nelle prese in giro. Hanno anche il loro momento di gloria quando ottengono la prima sconfitta del governo in Parlamento: nonostante il parere contrario del consiglio dei ministri, è passato l’ordine del giorno che esclude le abitazioni in cui vivono disabili dal pagamento dell’Ici. Passa anche l'odg firmato da Roberto Maroni (così come i due simili siglati da Di Pietro e dal Pd Gentiloni) che chiede al governo di annullare il beauty contest e indire una gara per le frequenze tv. Niente via libera invece per le proposte di Lega e Idv di far pagare l'Ici alla Chiesa: passa solo la versione soft (Pd-Pdl) che chiede di “valutare l'opportunità di definire la questione relativa al pagamento dell’Imu sugli immobili parzialmente utilizzati a fini commerciali” da parte “di enti no profit e, tra questi, gli enti ecclesiastici”.
   NEL FRATTEMPO è arrivata l’ora delle repliche di Monti. La Lega tenta ancora la tattica del brusìo ma il premier alza la voce e la zittisce (almeno per qualche secondo). Anche Silvio Berlusconi è tornato in Aula. Intorno all’ex capo del governo il capannello di deputati è più esiguo del solito. Si fa folto solo quando Monti gli spiega che non è “disperato”. E forse non è un caso che, visti accorrere subito i soccorsi, il professore abbia capito che con Berlusconi non è ancora l’ora di fare gli spiritosi. Gli ha spedito un biglietto per spiegare che non aveva intenzione di offenderlo. Poi lo ha salutato da lontano, con il pugno chiuso.

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