Il premier si ferma a
quota 495, la manovra a 402 No all’Ici sul Vaticano, va sotto su un Odg della
Lega
di Paola Zanca
Iole
Santelli comincia a
battere le mani piuttosto divertita. Poi si guarda intorno e capisce che è
sola. Nessuno tra i banchi del Pdl sta applaudendo al primo ministro Mario Monti che dopo “un rapido esame
di coscienza” ha scoperto di non sentirsi “assolutamente disperato”. La
Santelli applaude, ma al resto del Pdl non è piaciuta l'ironia con cui il
premier ha risposto alle parole pronunciate ieri da Silvio Berlusconi. Dice il deputato pidiellino Antonio Palmieri: “La battuta di finale di Monti, se tale era, non ci ha fatto
ridere. Non ha capito che ieri Berlusconi lo ha sostenuto, non criticato”.
Per sostenerlo, ieri, il leader del
centrodestra ha detto che la durata del governo dipende dall'andamento dei
“sondaggi”. E se pensava di aver capito male, Mario Monti si è chiarito le idee
ieri mattina: al voto di fiducia sulla manovra ha perso 61 voti rispetto a un mese fa. E per la metà, quei voti scomparsi ,
appartengono proprio al Pdl. Quattro si sono astenuti (Deborah Bergamini, Giulio Marini, Giuseppe Moles e Pina Castiello) altri 26 non si sono presentati in
Aula. Difficile immaginare giustificazioni per Guido Crosetto e Maria
Rosaria Rossi:
assenti al voto ma presentissimi alla buvette e nel cortile fumatori. Sono voti
di dissenso, così come il “no” esplicito rifilato al governo Monti dai Pdl Alessandra Mussolini e Giorgio Stracquadanio. Hanno cambiato idea dal 18 novembre
anche i tre deputati di Noi Sud (Elio Belcastro, Arturo
Iannaccone e Americo Porfidia) e i tre delle minoranze linguistiche (Sigfried Brugger, Roberto Nicco e Karl Zeller). E sul voto serale (non la fiducia,
ma il sì alla manovra “nel merito”) Monti ha perso altri pezzi: i “sì” sono
scesi a 402, i “no” 75. Complici le assenze (70 solo nel Pdl), ma non solo,
visto che gli unici a crescere sono stati gli astenuti: dai 4 della mattina ai
22 di fine giornata. E di nuovo, più della metà, sono sempre del partito di
Berlusconi.
SULLA FIDUCIA il Pd invece alla fine ha
tenuto. Assente solo Marianna Madia (pare per questioni personali) non ci
sono state le due astensioni minacciate da Antonio Boccuzzi e
Stefano Esposito. Ma
certo il segretario Pierluigi Bersani ha scelto una giornata particolare
per far sapere al mondo che “l'orizzonte del Pd è il voto”. Non è un caso
quindi che il leader dell'Udc Pierferdinando
Casini abbia lanciato il suo avvertimento: “Chi sostiene la maggioranza
non può poi disseminarne il cammino di ostacoli e scetticismo. No a furberie”.
Perchè di ostacoli, scetticismo e furberie il Parlamento è pieno. Secondo i
democratici è pura tattica anche quella dell'Italia dei Valori. Antonio Di Pietro ieri ha deciso di portare il suo partito fuori dalla
maggioranza (solo Renato Cambursano ha votato la fiducia a Monti). Una
scelta “troppo facile” per il capogruppo Pd Dario Franceschini. Quando lo dice dai banchi dell'Idv
si accenna una protesta. La ferma Di Pietro, nervosissimo, con l'indice davanti
alla bocca: “Zitti”. E più zitti del solito, si fa per dire, sono stati anche i
leghisti. Per la diretta tv, anziché gli show dei giorni scorsi, hanno
preferito una protesta più “sobria”: Emanuela Munerato è intervenuta in Aula con la tuta
arancione e la cuffietta bianca che ha indossato “fino a due giorni prima di
entrare in Parlamento”. Il meglio, le camicie verdi, lo hanno dato durante la
discussione sugli ordini del giorno. E c’è da dire che il ministro Piero Giarda ha servito le occasioni su
un piatto d’argento. Si confonde sui
pareri del governo, sbaglia i nomi dei deputati, chiede di cambiare “’incipit”
dei testi che non gli piacciono, si incarta con i fogli, si merita più
di un rimprovero dal presidente Gianfranco Fini. E i leghisti si scatenano nelle
prese in giro. Hanno anche il loro momento di gloria quando ottengono la prima
sconfitta del governo in Parlamento: nonostante il parere contrario del
consiglio dei ministri, è passato l’ordine del giorno che esclude le abitazioni
in cui vivono disabili dal pagamento dell’Ici. Passa anche l'odg firmato da Roberto Maroni (così come i due simili siglati da Di Pietro e dal Pd
Gentiloni) che chiede al governo di annullare il beauty contest e indire una
gara per le frequenze tv. Niente via libera invece per le proposte di Lega e
Idv di far pagare l'Ici alla Chiesa: passa solo la versione soft (Pd-Pdl) che
chiede di “valutare l'opportunità di definire la questione relativa al
pagamento dell’Imu sugli immobili parzialmente utilizzati a fini commerciali”
da parte “di enti no profit e, tra questi, gli enti ecclesiastici”.
NEL FRATTEMPO è arrivata l’ora delle repliche
di Monti. La Lega tenta ancora la tattica del brusìo ma il premier alza la voce
e la zittisce (almeno per qualche secondo). Anche Silvio Berlusconi è tornato in Aula. Intorno all’ex
capo del governo il capannello di deputati è più esiguo del solito. Si fa folto
solo quando Monti gli spiega che non è “disperato”. E forse non è un caso che,
visti accorrere subito i soccorsi, il professore abbia capito che con
Berlusconi non è ancora l’ora di fare gli spiritosi. Gli ha spedito un
biglietto per spiegare che non aveva intenzione di offenderlo. Poi lo ha
salutato da lontano, con il pugno chiuso.
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