di Giorgio Meletti
Il presidente del Consiglio Mario Monti, da economista lungimirante
qual è, aveva già aspramente criticato la sua manovra finanziaria con mesi di
anticipo, scrivendo sul Corriere della
Sera. Ecco le prove.
Poveri
ceti medi. “Le
misure adottate, che potrebbero ben chiamarsi ‘tassa per i ritardi italiani
malgrado l'Europa’ e non certo ‘tassa dell'Europa’, non hanno potuto essere
studiate con il dovuto riguardo all'equità e gravano particolarmente sui ceti
medi. (14 agosto 2011).
Crescita
penalizzata.“Nelle decisioni imposte dai mercati e dall'Europa, tendono
a prevalere le ragioni della stabilità rispetto a quelle della crescita. Gli
investitori, i governi degli altri Paesi, le autorità monetarie sono più
preoccupati per i rischi di insolvenza sui titoli italiani, per il possibile
contagio dell'instabilità finanziaria, per l'eventuale indebolimento dell'euro,
di quanto lo siano per l'insufficiente crescita dell'economia italiana”. (7 agosto 2011).
Rapporto deficit-pil. “Altrimenti, un governo può forse
vincere la battaglia del numeratore ma, a causa della rivincita del
denominatore, è il Paese intero che perde. Il concetto dovrebbe essere alla
portata anche dei non economisti”. (3
luglio 2011)
Berlusconi,
quasi quasi...
“Certo si può dire che la reazione di cui ha dato prova l'Italia è stata
davvero notevole. Tanto più in un Paese nel quale pochi avrebbero scommesso di
vedere una reazione così mentre molti hanno in effetti ‘scommesso’, muovendo i
loro fondi contro l'Italia, che questa reazione non ci sarebbe stata”. (14 luglio 2011).
Equità. “È di importanza vitale per l'Italia
far aumentare la produttività complessiva dei fattori produttivi, la
competitività e la crescita; e ridurre le disuguaglianze sociali”. (14 luglio 2011)
Concertazione.
“Più modesto, ma più pressante è il compito di avere una visione su
come l'Italia possa conquistare più competitività, più crescita, più equità; di
coinvolgere in un tale progetto le forze economiche, sociali, culturali e
politiche”. (3 luglio 2011)
Costi
della politica. “Poco viene fatto per ridurre, subito e in misura
significativa, il peso sull'economia e sulla società italiana degli esorbitanti
costi del sistema politico, peraltro scarsamente produttivo in termini di
decisioni prese tempestivamente per la crescita del Paese”. (3 luglio 2011)
Liberalizzazioni. “Il 21 gennaio il governo Papandreou
ha adottato una riforma di quelle che i Greci chiamano correttamente le
‘professioni chiuse’ e noi pudicamente le ‘professioni liberali’. La riforma
consiste nell’abolizione, per tutte le professioni, delle tariffe minime, del
numero chiuso, delle restrizioni territoriali e del divieto di farsi
concorrenza con la pubblicità”. (6
febbraio 2011)
Domanda e offerta. “Si proclama il ritorno a Keynes,
ma si esita a spingere in misura adeguata la domanda nell’unica fase degli
ultimi sessant’anni in cui ciò sarebbe veramente necessario. Si preferisce
sostenere l'offerta, bloccando così il processo schumpeteriano della
‘distruzione creatrice’ con sussidi a settori e imprese che sono in difficoltà
anche perché non si sono ristrutturati a sufficienza”. (8 febbraio 2009)
Consenso. “La crescita sana e durevole si
ottiene spiegando ai cittadini e ai mercati la politica economica
alla quale il governo intende attenersi, mantenendola nel tempo e rendendola
così credibile”. (1 maggio 2011)
Rigore? “Un rinnovato impegno sul fronte
delle riforme strutturali permetterebbe anche di praticare una politica di
bilancio più incisiva contro la crisi, senza che i mercati finanziari vi vedano
un ritorno all'indisciplina e penalizzino i titoli italiani”. (08 febbraio 2009)
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