Una cartella esattoriale
può trasformarsi in un incubo, ma i grandi evasori si salvano
di Sara Nicoli
A volte centrano il bersaglio. Come a Cortina, dove il blitz di
Capodanno ha effettivamente portato l’Agenzia delle entrate a segnare un punto
a suo favore. Altre volte i “blitz” Equitalia – il braccio armato del fisco –
non li fa contro i veri evasori fiscali, bensì contro quei cittadini che le
tasse le pagano, ma hanno piccole pendenze che l’attuale sistema di riscossione
e tassazione trasforma nel peggiore degli incubi. Fino, spesso, a sfiorare la
tragedia. Ma chi è “il mastino” Equitalia che sta togliendo il sonno agli
italiani?
I
soci di Stato
EQUITALIA è una società pubblica (51% Agenzia delle Entrate, il 49% Inps)
incaricata della riscossione nazionale dei tributi. In particolare, esercita sia la riscossione “non da ruolo”,
che riguarda per esempio l’Ici e le entrate pagate col modello F23, sia quella “a mezzo ruolo” attraverso la notifica di cartelle di
pagamento.
Dunque ha funzioni prevalentemente strategiche, di indirizzo e di
controllo dell’attività degli agenti della riscossione, mentre gli agenti si
occupano degli aspetti operativi dell’incasso, gestendo gli sportelli e i
rapporti con i contribuenti e con gli enti. Nel 2010 l’Ente ha ottenuto 1,29
miliardi di euro di ricavi, di cui 1,22 miliardi derivanti dall’incasso di
commissioni sull’attività di riscossione conto terzi. Nell’ultimo periodo ha
riscosso crediti per 8,87 miliardi di euro, 4,61 per conto dello Stato,
2,83 conto Inps/Inail, 1,42 conto Enti non statali (Regioni, Comuni, Consorzi
ecc.). I cosiddetti Grandi Debitori (coloro che sono iscritti al ruolo per
importi maggiori di 500 mila euro) sono 1.055, da cui nel 2010 Equitalia ha
riscosso 1,78 miliardi. Il grosso
dell’evasione, come si vede, deve ancora essere aggredito, mentre il comune
cittadino, in quanto conosciuto al fisco, si trova nel mirino di Equitalia
senza possibilità di fuga.
Quando
è cominciato
QUALCHE ANNO FA, intorno al 2005, con lo Stato
esattore si poteva ancora parlare. Si poteva ricorrere alla Commissione tributaria, si poteva
contare sulla prescrizione di multe prese cinque anni prima, si poteva –
insomma – sperare in una via d’uscita che spesso gli stessi impiegati
dell’Agenzia delle entrate proponevano come “paracadute”. Poi ci sono state le
elezioni. E al ministero dell’Economia è tornato Giulio Tremonti. E tutto è cambiato. Il fisco, negli
ultimi anni , si è preso alcune libertà che poteva evitare. Fino a metà del 2011
ha iscritto ipoteche su abitazioni private, anche prime
case, per cifre debitorie inferiori agli 8 mila euro, senza notifiche (ex
articolo 140 cpc) e senza intimazione di pagamento. Stessa
cosa per quanto riguarda i fermi amministrativi delle automobili (le cosiddette
ganasce fiscali). All’alba del 1° ottobre 2011 il governo ha messo
nelle mani di Attilio Befera,
direttore dell’Agenzia delle entrate, armi che prima il fisco mai aveva
posseduto. Ecco la sostanza: dopo 60 giorni dall’avviso al contribuente, Equitalia
può attivare i suoi mezzi per recuperare il debito, iscrivere ipoteca
sull’artigiano considerato infedele (facendo scattare una comunicazione alla
centrale rischi delle banche, con conseguente chiusura dei fidi), pignorare il
suo conto corrente (rendendo impossibile il pagamento di dipendenti e
fornitori), avviare i pignoramenti presso terzi (sono i crediti dei clienti,
Equitalia ha il potere di arrivare anche lì) e far partire le ganasce
fiscali su auto e vani posseduti. Il“titolo di debito” è diventato
immediatamente esecutivo. Se Equitalia, poi, si convince che c’è il “fondato pericolo”
di perdere il credito, ha il mandato per recuperarlo in ogni modo: sequestrando
una pensione, mandando un bene all’asta immobiliare e così via.
Lotta
per spot
IL SALDO FINALE di tanto agitarsi è il classico
topolino partorito dalla montagna. Perchè i grandi evasori restano ben coperti.
Un rapporto della Corte dei Conti
rivela che, negli ultimi anni, la lotta all’evasione è apparsa più che altro
come una resa all’evasione. Alla fine dell’iter, lo Stato incassa appena l’11%
delle imposte evase “accertate” e soltanto l’1% se l’evasore non patteggia con il
fisco. L’indagine in questione riguarda il periodo 2006-2009, in cui sono stati
effettuati 1.445.892 controlli: il 95% si è concluso con l’addebito di
evasione, per un totale di 71 miliardi di euro, che salgono a 75 con le
sanzioni. E quanti ne sono stati recuperati realmente? Uno scarso 10%. Su 100
euro di imposte evase accertate, alla fine lo Stato ne chiede agli evasori solo
51. Le pretese originarie vengono praticamente dimezzate. Motivi: sconti dei
“patteggiamenti”, rateizzazioni, lunghezza dei contenziosi. E recupera appena
qualche briciola.
Morire
di tasse
TALVOLTA la spietatezza del meccanismo di
Equitalia, che quando viene attivata non ha alcun margine di discrezionalità “caso
per caso”, ha provocato conseguenze molto gravi. Non è detto infatti che tutti siano
attrezzati a sostenere il forte stress emotivo che l’arrivo di una cartella
esattoriale o la notizia di un’ipoteca sulla casa possono provocare. Di qui il
dramma sociale di migliaia di famiglie. Come quello che ha colpito gli ultimi
mesi di vita di Mauro Bordis, 58
anni. Per 6 mila euro gli avevano ipotecato casa e tolto i fidi. Bordis è morto
d’infarto mentre lottava contro le cartelle di Equitalia. Casi come questo
ce ne sono purtroppo parecchi, tant’è che molti cittadini hanno preso ad
aggregarsi in associazioni e comitati. È accaduto a Cagliari, ma anche a
Vicenza e a Napoli. Per non parlare di Roma. Sono nati comitati come l’Avis:
acronimo dell’Associazione vessati italiani solidali, niente a che vedere con i
donatori del sangue. Ma la lista sta diventando lunga, molto lunga.
Come
tutelarsi
DIFENDERSI da eventuali eccessi o errori di
Equitalia si può. Ma non è facile e, soprattutto, non è alla portata di tutti
riuscire a combattere ad armi pari con chi è stato dotato dal governo di
strumenti straordinari per contrastare – con scarsi effetti, come abbiamo visto
– la grande evasione fiscale. Appena arriva una cartella di Equitalia, la prima
cosa da fare è recarsi nella sede più vicina dell’ente per capire
esattamente la natura delle contestazioni. Se gli estremi della “cartella” non
sono chiari, è bene rivolgersi a un’associazione di consumatori (come l’Adusbef
o la Federconsumatori) e farsi assistere da un loro legale, soprattutto per
evitare di perdere tempo prezioso per fare ricorso. Un tempo fondamentale.
Anche per la salute.
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