Il video originale che ritrae Piero Marrazzo con un transessuale è molto più lungo di quello messo in vendita. A confessarlo è stato il carabiniere Nicola Testini, durante la perquisizione effettuata nel suo appartamento il giorno prima di essere arrestato: «Quello che ho visionato io aveva una durata di circa 13 minuti. Non so chi l’abbia fatto, so soltanto che era a spezzoni, molto mosso. Noi lo abbiamo avuto da un confidente che poi è morto e volevamo farci almeno 60 mila euro». Il resto lo aggiunge il suo collega Carlo Tagliente rivelando di custodirlo nel computer: «D’accordo con i miei colleghi feci una copia del video attraverso il masterizzatore del mio pc portatile che ho tuttora a casa mia e vi consegnerò spontaneamente. Le altre due copie sono state invece distrutte da me e Testini». Lo stesso Tagliente avrebbe confidato al fotografo Max Scarfone che nel filmato «ci sono voci e volti che non possono essere visti».
Il quinto carabiniere
Le carte dell’inchiesta che ha portato alle dimissioni il Governatore del Lazio rivelano dunque nuovi particolari e dimostrano che gli accertamenti sono tutt’altro che finiti. Consegnano dettagli inediti come la possibilità che fossero 15 mila gli euro ripresi sul tavolino accanto alla cocaina e al tesserino, e non 5 mila come racconta lo stesso Marrazzo. E fanno emergere la partecipazione di diversi gruppi editoriali alla trattativa per l’acquisto delle immagini. Sono gli stessi carabinieri della Compagnia Trionfale Tagliente, Testini e Luciano Simeone ad ammettere le proprie colpe parlando di «debolezza imperdonabile» e poi raccontano di aver coinvolto Antonio Tamburrini «soltanto in un secondo momento perché volevamo vendere il materiale e lui aveva un parente fotografo». Il riferimento è a Max Scarfone, il paparazzo che li mise in contatto con l’agenzia Photomasi di Milano. Il 20 ottobre Scarfone viene interrogato. E dichiara: «A luglio fui contattato da Antonio Tamburrini che mi disse che alcuni suoi amici avevano un video su un politico importante dentro una casa con tanta cocaina e un trans. Mi chiedeva un aiuto per venderlo per conto di queste persone. Dopo qualche giorno Antonio mi ha portato all’appuntamento con una di queste persone». La riconosce in fotografia e poi aggiunge: «Dopo giri tortuosi per non farmi capire dove stavamo andando, siamo arrivati e sotto il portone c’era un’altra persona, un carabiniere, che mi ha controllato militarmente». Lo riconosce in una foto che gli viene mostrata facendo così entrare in scena un quinto complice nei cui confronti sono in corso controlli. Poi descrive il video e fornisce l’altro particolare inedito: «Sul mobile vicino al tavolino c’erano un mucchio di banconote di euro, pezzi da 500, credo fossero stati circa 15 mila euro... Mentre visionavo il filmato, in ragione del fatto che era frammentato, chiedevo se la durata era quella di quello visto. Mi rispondeva che era di 12 minuti circa. Non me lo poteva far vedere tutto né voleva venderlo tutto perché diceva che c’erano delle voci e volti che non potevano essere visti. Gli dissi che ne avrei parlato con la mia agenzia, lui rispose che volevano 200 mila euro. Circa due giorni dopo sono andato a parlare con Carmen Masi che era molto interessata. Dopo circa una settimana venne a Roma». Descrive l’incontro con i militari del Trionfale, poi sottolinea: «Luciano disse a Carmen che loro, ossia il gruppo di carabinieri, erano in possesso di alcuni assegni in bianco che Marrazzo aveva lasciato al trans».
Angelucci e Feltri nella trattativa
Scarfone racconta poi i contatti per la vendita: «Carmen ha proposto il video a Oggi... la trattativa è poi naufragata per motivi a me sconosciuti. È stato quindi contattato Signorini di Chi che ha indirizzato Carmen verso Belpietro che mi risulta abbia visionato il video. Sembrava interessato, poi però anche questa trattativa è sfumata. Per quanto mi ha raccontato Carmen il video è stato fatto visionare anche a personaggi importanti come Berlusconi, che però era assolutamente contrario all’acquisto del video. Almeno così mi è stato riferito... Carmen è stata successivamente contattata da Signorini che l’ha indirizzata, per quanto mi è noto, verso Feltri. Quest’ultima trattativa è andata a buon fine... Il problema stava nel fatto che i carabinieri volevano almeno un guadagno di 60 mila euro... si è poi sbloccato tutto perché Antonio mi ha riferito, venerdì scorso (il 16 ottobre ndr), che i carabinieri avevano accettato la proposta di 55 mila euro e io comunicai a Carmen che era possibile chiudere alla cifra concordata. L’agenzia ha quindi concluso, credo con Feltri e il suo giornale, ma su questo Carmen potrà essere più precisa. Io avevo infatti concluso la mia opera di mediatore. Tuttavia ieri sono stato contattato da Antonio e mi ha detto che dovevo bloccare l’operazione perché quello che ha girato il video era morto. Mi è sembrato incredibile, ma non c’è stato motivo di fargli dire la vera ragione... Carmen ne ha sicuramente una copia, non so se il giornale di Feltri l’abbia già, ma credo di sì perché hanno chiuso e la notizia, a quanto è di mia conoscenza, dovrebbe uscire a breve. L’originale, per quanto a me è noto, ce l’hanno ancora i carabinieri». Saranno proprio gli arrestati a dire di aver bloccato tutto «perché avevamo capito di essere seguiti dai colleghi del Ros». Ma Vittorio Feltri, raggiunto ieri in serata, precisa: «Nessuno è andato da Alessandro Sallusti, nessuno mi ha offerto niente. E quindi niente abbiamo potuto decidere». Carmen Masi conferma la ricostruzione di Scarfone, anche se non nomina mai Feltri, spiegando di aver consegnato copia del filmato a Signorini il 5 ottobre. «Dopo qualche giorno Signorini mi ha richiamato dicendomi che ci poteva essere un interesse da parte di Libero con un compenso di 100 mila euro...». La donna precisa che l’incontro con Belpietro avviene il 12 ottobre alle 15 presso la redazione milanese del quotidiano. Il 14 ottobre nuovo cliente: «Dopo ulteriore telefonata di Signorini, l’editore Angelucci è venuto alla Photomasi e ha visionato il filmato dimostrandosi interessato, con indicazione di una risposta entro le 19 della stessa sera. Per correttezza ho informato Signorini e verso le 17 lui mi ha detto di fermare tutto perché Panorama era molto interessato e dovevano decidere chi doveva pubblicare tutto. Alle 19 mi ha chiamato Angelucci e gli ho detto che per il momento dovevamo fermarci senza specificare il motivo». Il 19 ottobre Signorini mi ha telefonato dicendomi che mi avrebbe chiamato Marrazzo perché la cosa, per ovvi motivi, interessava direttamente a lui».
Il terrore di Marrazzo
Il Governatore, interrogato il 21 ottobre afferma: «Nei primi giorni di luglio 2009 ho deciso di avere un incontro sessuale a pagamento con una persona incontrata per strada qualche tempo prima e di cui avevo il cellulare, di nome Natalie. Telefonai a questa persona e presi un appuntamento per le prime ore della mattina. Mi recai in auto guidata dal mio autista e lo lasciai alcune centinaia di metri distante con la scusa che sarei andato a fare una passeggiata». Marrazzo racconta l’irruzione, le minacce dei carabinieri e poi afferma: «Ebbi paura sia di essere arrestato, sia per la mia incolumità e pregai i due uomini di non farmi del male e di lasciarmi libero». Conferma che fu Berlusconi «a telefonarmi per comunicarmi di aver saputo che negli ambienti editoriali milanesi girava voce che vi fossero foto compromettenti che mi riguardavano», ma nega di aver avuto da lui i contatti della Photomasi: «Ho cercato tramite i miei collaboratori dell’ufficio di stampa di saperne di più. Così mi è stato dato il nome dell’agenzia».
Fiorenza Sarzanini
30 ottobre 2009
Il quinto carabiniere
Le carte dell’inchiesta che ha portato alle dimissioni il Governatore del Lazio rivelano dunque nuovi particolari e dimostrano che gli accertamenti sono tutt’altro che finiti. Consegnano dettagli inediti come la possibilità che fossero 15 mila gli euro ripresi sul tavolino accanto alla cocaina e al tesserino, e non 5 mila come racconta lo stesso Marrazzo. E fanno emergere la partecipazione di diversi gruppi editoriali alla trattativa per l’acquisto delle immagini. Sono gli stessi carabinieri della Compagnia Trionfale Tagliente, Testini e Luciano Simeone ad ammettere le proprie colpe parlando di «debolezza imperdonabile» e poi raccontano di aver coinvolto Antonio Tamburrini «soltanto in un secondo momento perché volevamo vendere il materiale e lui aveva un parente fotografo». Il riferimento è a Max Scarfone, il paparazzo che li mise in contatto con l’agenzia Photomasi di Milano. Il 20 ottobre Scarfone viene interrogato. E dichiara: «A luglio fui contattato da Antonio Tamburrini che mi disse che alcuni suoi amici avevano un video su un politico importante dentro una casa con tanta cocaina e un trans. Mi chiedeva un aiuto per venderlo per conto di queste persone. Dopo qualche giorno Antonio mi ha portato all’appuntamento con una di queste persone». La riconosce in fotografia e poi aggiunge: «Dopo giri tortuosi per non farmi capire dove stavamo andando, siamo arrivati e sotto il portone c’era un’altra persona, un carabiniere, che mi ha controllato militarmente». Lo riconosce in una foto che gli viene mostrata facendo così entrare in scena un quinto complice nei cui confronti sono in corso controlli. Poi descrive il video e fornisce l’altro particolare inedito: «Sul mobile vicino al tavolino c’erano un mucchio di banconote di euro, pezzi da 500, credo fossero stati circa 15 mila euro... Mentre visionavo il filmato, in ragione del fatto che era frammentato, chiedevo se la durata era quella di quello visto. Mi rispondeva che era di 12 minuti circa. Non me lo poteva far vedere tutto né voleva venderlo tutto perché diceva che c’erano delle voci e volti che non potevano essere visti. Gli dissi che ne avrei parlato con la mia agenzia, lui rispose che volevano 200 mila euro. Circa due giorni dopo sono andato a parlare con Carmen Masi che era molto interessata. Dopo circa una settimana venne a Roma». Descrive l’incontro con i militari del Trionfale, poi sottolinea: «Luciano disse a Carmen che loro, ossia il gruppo di carabinieri, erano in possesso di alcuni assegni in bianco che Marrazzo aveva lasciato al trans».
Angelucci e Feltri nella trattativa
Scarfone racconta poi i contatti per la vendita: «Carmen ha proposto il video a Oggi... la trattativa è poi naufragata per motivi a me sconosciuti. È stato quindi contattato Signorini di Chi che ha indirizzato Carmen verso Belpietro che mi risulta abbia visionato il video. Sembrava interessato, poi però anche questa trattativa è sfumata. Per quanto mi ha raccontato Carmen il video è stato fatto visionare anche a personaggi importanti come Berlusconi, che però era assolutamente contrario all’acquisto del video. Almeno così mi è stato riferito... Carmen è stata successivamente contattata da Signorini che l’ha indirizzata, per quanto mi è noto, verso Feltri. Quest’ultima trattativa è andata a buon fine... Il problema stava nel fatto che i carabinieri volevano almeno un guadagno di 60 mila euro... si è poi sbloccato tutto perché Antonio mi ha riferito, venerdì scorso (il 16 ottobre ndr), che i carabinieri avevano accettato la proposta di 55 mila euro e io comunicai a Carmen che era possibile chiudere alla cifra concordata. L’agenzia ha quindi concluso, credo con Feltri e il suo giornale, ma su questo Carmen potrà essere più precisa. Io avevo infatti concluso la mia opera di mediatore. Tuttavia ieri sono stato contattato da Antonio e mi ha detto che dovevo bloccare l’operazione perché quello che ha girato il video era morto. Mi è sembrato incredibile, ma non c’è stato motivo di fargli dire la vera ragione... Carmen ne ha sicuramente una copia, non so se il giornale di Feltri l’abbia già, ma credo di sì perché hanno chiuso e la notizia, a quanto è di mia conoscenza, dovrebbe uscire a breve. L’originale, per quanto a me è noto, ce l’hanno ancora i carabinieri». Saranno proprio gli arrestati a dire di aver bloccato tutto «perché avevamo capito di essere seguiti dai colleghi del Ros». Ma Vittorio Feltri, raggiunto ieri in serata, precisa: «Nessuno è andato da Alessandro Sallusti, nessuno mi ha offerto niente. E quindi niente abbiamo potuto decidere». Carmen Masi conferma la ricostruzione di Scarfone, anche se non nomina mai Feltri, spiegando di aver consegnato copia del filmato a Signorini il 5 ottobre. «Dopo qualche giorno Signorini mi ha richiamato dicendomi che ci poteva essere un interesse da parte di Libero con un compenso di 100 mila euro...». La donna precisa che l’incontro con Belpietro avviene il 12 ottobre alle 15 presso la redazione milanese del quotidiano. Il 14 ottobre nuovo cliente: «Dopo ulteriore telefonata di Signorini, l’editore Angelucci è venuto alla Photomasi e ha visionato il filmato dimostrandosi interessato, con indicazione di una risposta entro le 19 della stessa sera. Per correttezza ho informato Signorini e verso le 17 lui mi ha detto di fermare tutto perché Panorama era molto interessato e dovevano decidere chi doveva pubblicare tutto. Alle 19 mi ha chiamato Angelucci e gli ho detto che per il momento dovevamo fermarci senza specificare il motivo». Il 19 ottobre Signorini mi ha telefonato dicendomi che mi avrebbe chiamato Marrazzo perché la cosa, per ovvi motivi, interessava direttamente a lui».
Il terrore di Marrazzo
Il Governatore, interrogato il 21 ottobre afferma: «Nei primi giorni di luglio 2009 ho deciso di avere un incontro sessuale a pagamento con una persona incontrata per strada qualche tempo prima e di cui avevo il cellulare, di nome Natalie. Telefonai a questa persona e presi un appuntamento per le prime ore della mattina. Mi recai in auto guidata dal mio autista e lo lasciai alcune centinaia di metri distante con la scusa che sarei andato a fare una passeggiata». Marrazzo racconta l’irruzione, le minacce dei carabinieri e poi afferma: «Ebbi paura sia di essere arrestato, sia per la mia incolumità e pregai i due uomini di non farmi del male e di lasciarmi libero». Conferma che fu Berlusconi «a telefonarmi per comunicarmi di aver saputo che negli ambienti editoriali milanesi girava voce che vi fossero foto compromettenti che mi riguardavano», ma nega di aver avuto da lui i contatti della Photomasi: «Ho cercato tramite i miei collaboratori dell’ufficio di stampa di saperne di più. Così mi è stato dato il nome dell’agenzia».
Fiorenza Sarzanini
30 ottobre 2009
1 commento:
Senza stare a commentare la storia in sè, che comunque è di uno squallore unico, e convinta che sotto sotto ci sia molto di più di quello che ci fanno vedere (come al solito e per tutte le cose ormai), io penso solo a quella povera bambina che è costretta senza colpa alcuna a subire su di sè la vergogna di ciò che ha fatto suo padre. E' una cosa che non riesco proprio a tollerare.
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