Immaginiamo che Berlusconi riceva a domicilio un pacco bomba, si salvi per miracolo dalla fiammata che ne scaturisce e un leader del centrosinistra ironizzi sull'attentato, parlando di "farsa". Come un sol uomo, la Guardia Repubblicana e gli house organ di Arcore, i tg a reti unificate e le migliori penne terziste del 'Corriere della Sera' tornerebbero a tuonare contro la "campagna di odio", l'"antiberlusconismo" e il "terrorismo mediatico" dei "cattivi maestri" della sinistra.
Invece il pacco bomba esplose sei anni fa, ma fortunatamente in casa di Romano Prodi, a Bologna. Era il 27 dicembre 2003. L'allora presidente della Commissione europea, nel mirino del centrodestra e del 'Giornale' per il falso scandalo della Telekom Serbia, aprì il plico e scampò per un soffio alla lingua di fuoco che ne scaturì. Subito il vicepresidente del Senato, Roberto Calderoli, ironizzò: "Se nessuno si è scottato almeno un dito, forse si è trattato di una bomba intelligente! Complimenti a Prodi: immediatamente dopo l'evento, ha rilasciato interviste da vero Nembo Kid".
Gli inquirenti puntarono il dito non contro uno squilibrato isolato, ma nell'area del terrorismo anarco-insurrezionalista. L'autorevole numero due della Lega Nord, però, batteva tutt'altra pista: "Questo episodio sembra ricordare il periodo in cui a mandarti la bomba era l'amico o l'amico degli amici. Prodi non dà alcun fastidio ai combattenti per il comunismo né per l'anarco-insurrezione, ammesso che esistano. Fossi in lui, mi guarderei più dagli amici che dai nemici o dai presunti terroristi".
Il governo Berlusconi prese l'attentato talmente sul serio che, al dibattito in un Senato semideserto (tre della maggioranza e 12 dell'opposizione), il ministro dell'Interno Beppe Pisanu non si presentò e il sottosegretario Ventucci minimizzò: "Opera di quattro cretini". Una settimana dopo, a riprova di una campagna terroristica su vasta scala, altri cinque pacchi bomba furono recapitati a una serie di autorità europee.
Il governo Berlusconi prese l'attentato talmente sul serio che, al dibattito in un Senato semideserto (tre della maggioranza e 12 dell'opposizione), il ministro dell'Interno Beppe Pisanu non si presentò e il sottosegretario Ventucci minimizzò: "Opera di quattro cretini". Una settimana dopo, a riprova di una campagna terroristica su vasta scala, altri cinque pacchi bomba furono recapitati a una serie di autorità europee.
Ma Calderoli seguitò a fare lo spiritoso: "La lettera-bombetta a Prodi già sembrava cosa sospetta. Il fatto che, dopo quattro episodi analoghi, oggi tranquillamente un identico pacco, sempre proveniente da Bologna, sia potuto entrare nell'Europarlamento sembra veramente una farsa. Continuo a pensare che dietro i sedicenti anarco-insurrezionalisti antieuropei si nasconda chi cerca di recuperare la strada dell'Europa Superstato in vista delle prossime elezioni europee".
Naturalmente nessuno, men che meno il 'Corriere', accusò Calderoli di fomentare l'"antiprodismo" né collegò l'attentato a Prodi con la "campagna d'odio" di Telekom Serbia, che continuò.
Fino a quando, rivinte le elezioni nel 2006, Prodi tornò al governo.
E Berlusconi: "Io tornare a Palazzo Chigi? Magari! Ma non è facile, c'è Prodi. Ci vorrebbe un regicidio. Ma basta soltanto aspettare, arriverà il momento giusto" (Ansa, 14 giugno 2007).
Il Partito dell'Amore, appunto.
(29 dicembre 2009)
(29 dicembre 2009)